Se l’Europa vuole sopravvivere di Francesco Ciafaloni

Questo articolo è uscito sul n.236 di Una città, con il titolo Convergenze e conflitti.

Sappiamo che se non si crea uno spazio per l’opposizione in un sistema politico il risultato sarà o a) l’eliminazione reale di ogni opposizione e la sottomissione più o meno totale, o b) la mobilitazione di una opposizione di principio contro il sistema politico – una opposizione contro l’Europa, euroscettica. E in effetti questo sviluppo sta raggiungendo anche la sfera interna ai singoli Stati perché il peso crescente della UE e i suoi effetti indiretti sulla politica interna aumentano i deficit di democrazia e limitano lo spazio per l’opposizione anche nei singoli Stati.

Peter Mair, Governare il vuoto

 

La prima bordata di executive orders e lo scontro duro, difficile da accettare, imbarazzante da vedere, con le reti e la stampa di Donald Trump e dei suoi portavoce, subito dopo l’insediamento, ha reso evidente a tutti che le aspettative ottimistiche e le valutazioni concilianti sul nuovo Presidente degli Stati Uniti sono del tutto infondate. In rapida successione sono stati confermati il blocco ai finanziamenti all’Obamacare, la costruzione del muro ai confini con il Messico, il blocco degli arrivi da sette paesi islamici in guerra, il sostegno agli insediamenti illegali di coloni israeliani in Cisgiordania, le tariffe sulle importazioni, gli oleodotti, i vantaggi per chi produce in America, la revoca dei trattati cosiddetti di libero scambio, come promesso in campagna elettorale. E si legge di trattenute sulle rimesse degli immigrati messicani o di una tassa del 20% sulle importazioni per coprire i costi del muro. Non è detto che tutto ciò che è stato firmato sia realizzabile; non è detto che i paesi colpiti, come il Messico, o l’Australia, accettino senza reagire. Almeno i paesi più forti i mezzi li hanno; spazio politico ce n’è. Non è detto che le conseguenze pratiche delle decisioni prese siano quelle previste. Certo le aziende si sono rapidamente allineate – vedi Marchionne, Apple – e non c’è una fronda visibile tra i Repubblicani, che del resto, come già ho ricordato, sono cambiati negli anni e hanno rappresentanti anche più intollerabili di Trump (vedi la “London Review of Books” n.15, 2016, Eliot Weinberger sugli undici candidati sconfitti alle primarie).

Lo scontro coi media – non solo la CNN, ma, indirettamente, anche la BBC – è in pieno svolgimento. Più delle menzogne di Trump, che confermano i comportamenti della campagna elettorale, è impressionante l’inflessibile, sconvolgente, sostegno dei portavoce, che la BBC ha messo a confronto diretto, sullo stesso schermo, con in critici e con le foto degli eventi cui si fa riferimento. In Italia abbiamo avuto deformazioni altrettanto gravi, o più gravi, senza la resistenza di giornalisti importanti. Dato l’ampio numero di paesi che hanno sistemi di informazione monopolizzati dai governi, dalla Russia, alla Cina, alla Turchia, alle varie dittature disseminate per il mondo, l’esito del confronto ci riguarda tutti, anche se facciamo bene a non aggrapparci a resistenze altrui. Il first di America first in tedesco si può tradurre űber alles.

Gli sviluppi possibili

Più delle parole della propaganda conteranno i fatti, economici, politici e militari; e i concetti, i principi in base a cui potremo capire le tendenze di fondo, distinguere ciò che è importante da ciò che non lo è, opporci alle scelte insopportabili, cercare e trovare alleati. E’ possibile che gli schieramenti del recente passato, pro o contro l’euro, pro o contro l’Unione Europea, siano semplicemente cancellati, senza il nostro intervento, come sta avvenendo per i trattati cosiddetti di libero scambio, cioè dominati dalla finanza internazionale. A rompere gli equilibri può essere lo Stato più forte, come sta avvenendo con Trump. A minacciare di uscire dall’euro, o dall’Unione, potrebbero essere la Francia, o la Germania, per uno sconvolgimento elettorale e durante una possibile guerra commerciale. Dovremmo avere proposte più articolate della alternativa tra adesione, entusiasta o critica, all’Europa com’è e il rifiuto totale. Dobbiamo avere una risposta alla degenerazione della democrazia un po’ dovunque ma soprattutto in Ungheria e Polonia e alla possibile crisi ai confini orientali, la cui gestione è stata delegata alla forza militare americana.

Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, per ora, ci sono state le risposte politiche di Sanders e di Corbyn, in un quadro di riflessioni forse più articolate e approfondite che da noi. In Italia, scomparsi Marcello De Cecco e Luciano Gallino, forse l’autore più articolato e radicale, ci sono sedi di riflessione senza una vera connessione con l’agire politico.

Gli studi di De Cecco sulla dissoluzione dell’industria manifatturiera pubblica in Italia, quelli di Mariana Mazzucato sulla importanza del pubblico, dovrebbero indurci a una riflessione sulla follia di appaltare ogni iniziativa pubblica, anche tipicamente di servizio pubblico, come nella sanità o nell’assistenza, ad aziende private, che trasformano la spesa corrente, che è male, in investimento, che è bene, limitando la discussione, tipicamente ciclica, ai controlli, ora considerati baluardo della legalità, dopo ogni scandalo, ora ritardo e burocrazia, dopo ogni catastrofe.

Non ci sono risposte facili ai problemi nuovi che dobbiamo affrontare. Ci sono però analisi e tesi, opposte a quelle date per scontate dalla Commissione dell’Unione Europea, che si stanno affermando nel mondo cui possiamo contribuire ed aderire. Dal successo mondiale dei lavori di Piketty la insopportabilità del livello attuale di diseguaglianza è diventata una tesi diffusa. La crescita indefinita da cui il capitalismo dipende, su cui si costruiscono i modelli, sembra improbabile. Wolfgang Streek parla addirittura di fine del capitalismo (vedi la “New Left Review”, terzo link). Cresce l’adesione alla tesi della stagnazione secolare (Krugman ed altri).  Gallino, che aveva ripercorso nei suoi lavori il cammino di alcuni classici, liberali e socialisti, da Brandeis ad Hilferding, in Finanzcapitalismo ha sostenuto, con Irving Fisher, la necessità di limitare i prestiti delle banche al valore dei depositi, cioè di rendere impossibile la creazione di moneta credito. Certo un limite vero alla moneta credito andrà posto per impedire di usare la moneta come “arma nella lotta dell’uomo contro l’uomo” (come diceva anche Max Weber in Economia e società).

Possibili scelte

Al momento la pressione più forte contro l’Europa viene dalle destre estreme, nazionaliste o opportuniste. La loro forza però non è sommabile; non va oltre l’opposizione all’Unione Europea e la sua eventuale dissoluzione. Il giorno dopo il successo comincerebbe la lotta, la guerra, di tutti contro tutti. Il contenuto propositivo delle destre, oltre l’opposizione alla globalizzazione, è la guerra agli stranieri, anche europei, la difesa della produzione interna ai singoli paesi. I 5Stelle, che si dichiarano né destra né sinistra, sostengono i sussidi invece del lavoro.

Non si capisce perché una sinistra che si è sempre opposta, senza successo, alla esportazione del lavoro, alla delocalizzazione, dovrebbe smettere ora perché anche le destre si sono accorte del problema. Bisogna mantenere la posizione. E’ esattamente quello che ha fatto Sanders negli Stati Uniti, appoggiando la creazione di posti di lavoro in America, senza smettere di opporsi all’inquinamento e agli oleodotti, alla discriminazione, ai muri.

Un decente programma di sinistra sarà convergente con la difesa del lavoro nei singoli paesi, se veramente le destre la sosterranno. Non è detto che lo facciano. In passato il nazionalsocialismo si è trasformato rapidamente in nazionalcapitalismo; e i lavoratori tedeschi, che stavano nel nome del partito, sono stati mandati ad uccidere e a morire. Contrapposizione ci sarà in ogni caso sui diritti civili.

Il problema vero, la vera sfida, è quella posta dalla citazione di Peter Mair in epigrafe. Se l’Unione Europea non consente una opposizione istituzionale bisogna rifiutare il dilemma tra uscita e sottomissione: creare una forza di opposizione e modificare le istituzioni per consentirne la vita.

Vasto programma! – si dirà. Quel che si legge sulle condizioni materiali, sul persistere della solidarietà in molte situazioni, su modesti eventi politici come il rifiuto di alcuni eletti dei 5Stelle di seguire le indecorose manovre di Grillo, può far pensare che sia vasto ma non assurdo. Gli italiani si sono mobilitati di recente su un tema anche istituzionale. Nello scontro di colossi che si profila potrebbe essere l’unico programma possibile. Il baricentro del mondo si è spostato in Asia, ma noi siamo qui, e qui dobbiamo difendere la nostra vita e i nostri principi. La salvezza non ci arriverà dall’esterno; dovremo costruirla da noi, se ne saremo capaci.

Fonti

http://www.fataturchinaeconomics.com/2014/08/quattro-osservazioni-sulla-stagnazione-secolare-di-paul-krugman-da-stagnazione-secolare-fatti-cause-e-rimedi-voxeu-agosto-2014/

https://newleftreview.org/II/87/wolfgang-streeck-how-will-capitalism-end 

http://www.tcd.ie/Political_Science/undergraduate/module-outlines/ss/political-parties/PolP/MairRulingVoid13.pdf

http://www.nber.org/papers/w18315.pdf

 

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