Il ’68: quante vicende, tante domande di Diego Giachetti

 

Nella molteplice produzione sul tema ’68 che sta caratterizzando il cinquantennale dell’evento, quest’opera (William Gambetta, Alberto Molinari, Federico Morgagni, Il Sessantotto lungo la via Emilia. Il movimento studentesco in Emilia Romagna (1967-1969), Roma, BraDypUS Editore, 2018) si distingue per due positive ragioni. Affronta la questione scendendo dai “mille metri” della grande teorizzazione sul movimento dell’anno “fatale”, origine secondo la vulgata di tutto il bene o di tutto il male, per scoprirlo nella sua dimensione concreta, territoriale, in questo caso relativa all’Emilia Romagna, senza per altro cadere in una descrizione empirica, priva di costrutto interpretativo. Difatti, ed è la seconda caratteristica positiva, la ricerca muove da una serie di domande alle quali risponde sulla base di una precisa documentazione.

Colti gli elementi che accomunano il movimento studentesco in Emilia Romagna a quello nazionale e internazionale, prodotti da fattori materiali condivisi, quali il processo di modernizzazione e l’emergere di una frattura generazionale tra i giovani e la società così come è andata costituendosi nel secondo dopoguerra, si procede a un’analisi della dinamica della protesta studentesca, prima nelle università e poi tra gli studenti delle scuole medie superiori, aspetto quest’ultimo spesso trascurato. Importantissima in tal senso l’ampia e dettaglia cronologia dei “fatti” accaduti nelle città dell’Emilia Romagna, nel periodo compreso tra il 1967 e il 1969.

Di seguito la ricerca ruota attorno a precise ipotesi di indagine: origine e formazione delle leadership del movimento, da dove vengono i leader, qual è stato il loro percorso prima del ’68, come quel movimento costruì “nuovi” leader, quali le sue anime politiche e culturali e le conseguenti dinamiche interne. Come esso si trasformò in breve tempo in soggetto politico autonomo e indipendente, quali furono i rapporti con le altre forze politiche già organizzate e i loro rispettivi movimenti giovanili. Sono questi i temi sviluppati nella prima parte del libro da Alberto Molinari e ripresi da Federico Morgagni che affronta la questione dal punto di vista del rapporto tra i partiti di sinistra, socialista e comunista, col movimento studentesco, segnalando aspetti contraddittori: dall’apertura al dialogo, spesso strumentale, come nel caso del PCI in occasione delle elezioni politiche del 1968, alle chiusure critiche e polemiche contro gli estremisti. In particolare, l’attenzione è rivolta alla crisi di iscritti e di partecipazione della Federazione giovanile del Partito comunista in quel periodo, all’atteggiamento assunto da un partito di cui oggi si conserva pochissima memoria, come il Partito socialista di unità proletaria, nonché le contraddizioni che si aprono nell’ambito del mondo giovanile cattolico. Diversi leader e partecipanti al movimento studentesco infatti, non erano spuntati come i funghi dalla notte al mattino, venivano da esperienze politiche pregresse.

William Gambetta invece, con precisa documentazione, introduce altri temi quali il rapporto tra movimento studentesco e città, la repressione messa in atto dalle istituzioni e la risposta del movimento, gli strumenti comunicativi che esso si diede per ribattere alle versioni di parte e contro dell’allora definita “stampa padronale”, le forme di lotta adottate, la ridefinizione del significato della lotta partigiana e la riproposizione di un nuovo antifascismo, non solo rievocativo, ma capace di offrire strumenti di lotta nel presente. Non meno importante è il collegamento che viene a instaurarsi tra i giovai del movimento e le lotte operaie del momento, già in atto nell’anno Sessantotto va detto, non databili quindi solo come scoppio improvviso nel Sessantanove, secondo la vulgata che distingue nettamente l’anno degli studenti, presto finito, per lasciare spazio all’anno degli operai. In questo crogiuolo che rimescola “carte” politiche e culturali, storie politiche personali precedenti gli eventi sessantottini, si intravvedono le ragioni che porteranno alla costituzione dei gruppi extraparlamentari, la cui derivazione dal movimento del sessantotto e attestata sia che si tratti della nascita di gruppi nuovi, apparentemente senza storia pregressa, come nel caso di Lotta Continua, sia di gruppi politici provenienti da esperienze costruite alla sinistra del Partito comunista ai quali il movimento offrì una nuova e più larga base militante.

Per il modo in cui è stata concepita e articolata, la ricerca – saldamente legata a un paradigma che rifugge la separazione tra strumenti teorici interpretativi e empirismo senza significato – dovrebbe essere d’esempio per sondare altri aspetti “territoriali” e regionali del diffuso sessantotto italiano, troppo spesso lasciati alla sola memorialistica o alla rievocazione di eventi e fatti, senza interrogarli, senza curiosità di conoscere a fondo quello di cui si scrive e parla.

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