Nella città sommersa pulsava la vita di Carla Pagliero

 

Torino negli anni Settanta, colta in tutte le sue contraddizioni, città operaia e vivace di idee e scenari, già immersa in quella liquidità baumaniana, che qui si manifesta precocemente, già alla fine di quel decennio. Quello che mi ha colpito del bellissimo libro di Marta Barone (Città sommersa, Bompiani, 2020), candidato l’anno scorso al premio Strega, è la caparbietà millimetrica di ricomporre la storia di quel periodo cercando di entrare in contatto con le atmosfere di quegli anni e di afferrare l’intimità dei protagonisti di allora: giovani operaie/operai, studenti, e, nello stesso tempo, la capacità di mantenere un occhio esterno, oggettivo. Libro difficile da inserire in un genere: un po’ memoria e molta ricostruzione storica, ma anche la trama di un romanzo di formazione politica, intellettuale, sentimentale, o meglio, relazionale, di un ragazzo degli anni Settanta, qui chiamato L.B. Si dà il caso che il ragazzo L.B. sia anche padre della scrittrice, un padre poco conosciuto, anzi per alcuni aspetti decisamente estraneo, protagonista di una storia complessa, che non si può più ascoltare, perché quel ragazzo, ormai uomo, è morto. La ricostruzione che l’autrice mette, compulsivamente e ostinatamente, assieme è bellissima e tragica: riuscire a disegnare il ritratto di un padre non ti consente di poterlo accarezzare né di poter completare discorsi mai fatti. Solo, per il breve periodo della scrittura, è possibile averlo accanto nei pensieri quotidiani, in passeggiate immaginate, in viaggi che avrebbero potuto essere, e che, forse, sarebbero stati bellissimi.

Un libro bello, catartico, che dà una visione nuova e attuale alla ricostruzione storica di quegli anni. Perché l’autrice, a modo suo, si fa storica, spolvera vecchie carte giacenti nel fondo di scatoloni, consulta documentazione conservata presso centri studi, raccoglie testimonianze orali, osserva con affetto filiale vecchie foto in bianco e nero. Più sa, più vuole sapere di quell’uomo, chi fosse, prima di diventare suo padre. E il racconto decolla, tra cose che già sapeva e altre del tutto nuove che scopre, in un groviglio di sensazioni e sentimenti ineludibili, dato il rapporto affettivo forte che lega la ricercatrice con l’oggetto della ricerca.

Entra così in un contesto storico che le è, per ragioni d’età, del tutto nuovo ed estraneo, lasciandosi guidare dai passi del padre, figlio di una numerosa famiglia meridionale, “fatto” studiare medicina, che incrocia la protesta a Roma nel fatidico anno 1968 e l’impegno politico (militanza si diceva) nella costituenda formazione extraparlamentare Unione dei Comunisti Italiani, meglio conosciuti dal nome del loro giornale, Servire il Popolo.

Non lo perde mai di vista, non è tanto il contesto storico che le interessa ricostruire, quanto come il genitore si sia mosso e lo abbia attraversato con la sua personalità, col suo essere parte di una storia che ha un significato particolare e nuovo, proprio perché vissuta dal padre ritrovato che intanto si è trasferito a Torino, sempre nell’Unione fattasi partito comunista e marxista-leninista, nel 1972. Si tratta di vicende che l’autrice percorre per ritrovare, tra le righe di scritti, clima politico e sociale, occupazioni, volantini, interventi nelle assemblee, quello che sarebbe diventato suo padre. Solo ritrovando lo sguardo del padre quelle storie le sono comprensibili. Uno sguardo che restituisce anche la sua generosità, il carisma, l’esuberanza di una persona che provava piacere per ogni cosa “e soprattutto per le persone, che sapeva accogliere tutte intere, un buon ascoltatore che non diceva mai niente di sé”.

Un approdo alla comprensione che non sempre placa l’anima, colma di beatitudine sapienziale la coscienza perché essa suscita, assieme alla saziata curiosità più che comprensibile, tensione emotiva provocata dalle cose che l’uomo-padre non le ha detto. Perché? si chiede. È la domanda che l’ha tormentata e che ha saputo dominare traducendola in ricerca e poi in una avvincente narrazione in un libro che non riposa per settimane sul comodino, ma si fa leggere tutto d’un fiato.

 

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