Giuseppe Muraca, Il sapere della libertà di Diego Giachetti

 

Charles Wright Mills è stato uno dei maggiori rappresentanti della nuova sinistra americana che nel corso degli anni sessanta e settanta ha avuto anche da noi una certa influenza. Da tempo però è stato ingiustamente dimenticato, malgrado sia autore di alcuni dei testi fondamentali della sociologia contemporanea e del pensiero critico. A farlo emergere dall’oblio ci ha pensato Diego Giachetti che gli ha dedicato il suo ultimo libro, Il sapere della libertà. Vita e opere di Charles Wright Mills, pubblicato da poco dalla casa editrice DeriveApprodi (Roma 2021, pp. 182, 17 euro).

Lo studioso torinese ha ricostruito e analizzato criticamente il percorso umano e intellettuale del sociologo americano, inquadrandolo nella cultura e nella società del suo tempo e sottolineando i caratteri peculiari del suo pensiero e della sua personalità. Nato nel 1916 da una famiglia della piccola borghesia (suo padre era assicuratore e sua madre casalinga), nel 1939 si laureò in sociologia e in filosofia, e nel 1942 fu proclamato dottore di ricerca in sociologia. Fondamentale per la sua formazione è stato l’incontro con la filosofia del pragmatismo e poi col pensiero di Marx e di Max Weber, che lui considerava i più grandi. Docente di Sociologia alla Columbia University di New York, egli ha condotto una vita all’insegna dell’anticonformismo. Alto e massiccio, egli vestiva come un beat, “si recava all’università con la motocicletta, portando il materiale didattico non in una borsa di pelle nera, ma in un borsone a tracolla”. E se tutti i professori universitari vestivano con completi grigio-neri, perfettamente stirati, con cravatta e camicia bianca, egli “ostentava camicie colorate, jeans stinti e stivali di lavoro”. E ciò contribuiva a renderlo inviso alla comunità accademica di cui pure faceva parte. E persino la sua scrittura semplice, limpida e di stampo divulgativo aveva attirato la critica di molti suoi colleghi che lo consideravano più un giornalista che uno scienziato sociale.

Con il libro La élite del potere aveva denunciato l’avvento di una democrazia oligarchica nel suo paese e si era battuto per opporsi ad essa, richiamando gli intellettuali alla loro responsabilità critica. Con L’immaginazione sociologica aveva condotto, da “guastatore”, una forte critica agli indirizzi sociologici dominanti e al mondo accademico americano. Infatti, nel corso della sua attività aveva sempre condannato le contraddizioni della società di massa, la mancanza di coraggio degli intellettuali, il loro conformismo e il loro servilismo. Nell’ultimo periodo della sua vita aveva sostenuto la rivoluzione cubana di Fidel Castro e la ribellione dei paesi dell’America latina contro l’imperialismo statunitense, tanto da attirare l’attenzione della FBI.

Giachetti ne fa un ritratto molto nitido e intenso. Come ha scritto Dan Wakefield “con le sue idee e il suo stile di vita ha dato colore ai grigi anni Cinquanta e ha preparato il terreno alla venuta dei movimenti giovanili di contestazione degli anni sessanta.”

In sostanza, Mills ha occupato una posizione unica nel radicalismo americano e la sua morte (avvenuta per un infarto nel 1962) ha lasciato un vuoto incolmabile. Da spirito indipendente, egli non aveva mai fatto parte di un partito, non si riteneva un marxista e disprezzava il socialismo sovietico e qualsiasi tipo di ortodossia. “stava con la sinistra, ma non era di sinistra. Era un guerrigliero solitario […]. In un mondo disumano aveva insegnato cosa significa essere un intelletto libero e umano, […] e tale è rimasto” fino alla fine.

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