IL GOVERNO PRO-NUCLEARE E “LO STATO ATOMICO”    di Mario Agostinelli

 

Giovedì scorso, il Consiglio dei ministri ha approvato la “Delega al governo in materia di energia nucleare sostenibile”. Si tratta di un crescendo di iniziativa del governo Meloni che, con una impostazione fortemente lesiva di principi costituzionali in vigore, punta a disattendere l’esito dei due referendum antinucleari del 1987 e 2011. Spiace l’assenza di un dibattito pubblico e di una reazione politica all’altezza di una sfida che mira anche a disattendere gli impegni climatici per la transizione energetica. Qui di seguito e in allegato due note: una mia riportata dal blog del Fattoquotidianonline (https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/10/nucleare-sostenibile-ddl-governo-costituzione-oggi/8155102/) e un’altra a cura del Forum Disuguaglianze e Diversità di cui è coordiantore Fabrizio Barca.

 

IL GOVERNO PRO-NUCLEARE E “LO STATO ATOMICO”    di Mario Agostinelli

 Sta passando in una relativa indifferenza del mondo politico ed in una acritica adesione di quello dell’informazione uno sforzo della destra al governo ben più meritevole di attenzione: si tratta del disegno di legge delega sul nucleare sostenibile, approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 ottobre 2025 (v. https://www.mase.gov.it/portale/-/nucleare-sostenibile-mase-via-libera-al-disegno-di-legge-delega ), che mira a creare un quadro giuridico e operativo per il ritorno della produzione di energia nucleare nel nostro Paese dopo i due referendum del 1987 e 2011. L’impostazione è fortemente lesiva di principi costituzionali in vigore, mal sopportati da una compagine di centrodestra che infrange le regole con un piglio di arroganza pari alla sottovalutazione di un’opinione pubblica democratica non ancora avvertita, se non addirittura distratta.

La normativa presentata dal ministro Pichetto Fratin mira a creare un quadro giuridico e operativo per la produzione di energia nucleare, concentrando i poteri decisionali nelle mani dello Stato, escludendo Regioni e Comuni e promuovendo un modello economico basato sul rischio d’impresa. Nel disegno di legge delega, in una inedita centralizzazione dei poteri, il Ministero dell’Ambiente assume il controllo delle autorizzazioni e dell’attuazione dei progetti nucleari, superando eventuali ostacoli locali.  È perfino previsto un titolo abilitativo unico calato dall’alto che include varianti urbanistiche, dichiarazioni di pubblica utilità e vincoli per l’esproprio. Saranno gli operatori privati, con un accesso alla finanza pubblica, ad essere responsabili di tutti gli oneri economici e ambientali, inclusa la disattivazione degli impianti e la gestione dei rifiuti radioattivi, senza costi per lo Stato. Il nucleare – definito “sostenibile e parte del processo di decarbonizzazione” sarebbe sostenuto da “campagne informative nazionali e consultazioni capillari per le popolazioni interessate, integrate nei procedimenti autorizzativi”. Entro il 2027 dovrebbe essere definito il Programma Nazionale con la società Nuclitalia – costituita da Enel, Ansaldo Energia e Leonardo – “a coordinare la filiera italiana delle tecnologie di nuova generazione”.

È di recente uscito in nuova edizione il libro “Lo stato atomico” di Robert Jungk, (https://www.castelvecchieditore.com/prodotto/lo-stato-atomico/ ) che denuncia i pericoli dell’energia nucleare e l’ideologia della deterrenza atomica: il suo contenuto è di grande attualità e appropriatezza se lo si applica all’incauta sortita in corso da parte della lobby nucleare. L’autore descrive l’energia nucleare come una forza che ha introdotto una nuova dimensione di violenza, capace di minacciare non solo gli avversari militari, ma anche i cittadini comuni.  L’autore sottolinea che l’energia nucleare, sia civile che militare, è intrinsecamente ostile alla vita e comporta rischi che non possono essere completamente eliminati. La sua diffusione richiede segretezza, sorveglianza e controllo e misure di sicurezza straordinarie, che spesso sfociano in restrizioni alla libertà e alla partecipazione democratica. È questa la dimensione che va richiamata a fronte di un’incauta ripresa di una politica energetica nazionale che svolta senza un adeguato dibattito dalle rinnovabili verso l’atomo e il consolidamento dell’apporto del gas. Si tratta di passare da energie rinnovabili e decentralizzate, che rispettano l’ambiente e la giustizia sociale, ad una crescente centralizzazione del potere, nonché da fonti disponibili sul territorio ad una dipendenza da tecnologie pericolose per la convivenza e la salute di generazioni.

Si dirà che, in fondo, i nuovi reattori SMR e ASR sono solo complementari -. accessori – alle energie dolci e decentrate di sole, acqua e vento, ma una analisi del modello di governo ostentato dal ddl approvato dal Consiglio dei Ministri il 2 ottobre 2025 chiarisce che non c’è compatibilità tra una “via morbida” che si ispira all’ecologia integrale e decentralizza il potere ed una “via dura” che favorisce la crescita economica a scapito dell’ambiente e della partecipazione. Vie certamente contrastanti e di non scontato pari gradimento per la compagine di governo in carica. D’altra parte, non è un mistero che l’attuale amministrazione americana del presidente Trump ci vorrebbe acquirenti del gas trasportato dalle sue metaniere e delle tecnologie dell’atomo in rilancio negli States, anziché autonomi e liberi dai balzelli e dai dazi che ci andrebbero imposti.

Ci si dirà: in fondo le ragioni dei referendum del 1987 e 2011 sono ormai superate: proprio no, come ho già cercato di argomentare in precedenti post su questa stessa testata online. Non siamo assolutamente di fronte a tecnologie sicure, né a costi vantaggiosi per la finanza pubblica e le bollette dei consumatori, né a tempi compatibili con la crisi climatica. Ma piuttosto di una valutazione sommaria e di un dibattito carente, ben vengano le critiche ed una discussione franca, all’altezza della fase che attraversiamo e che non consente affatto di imboccare qualsiasi strada a cuor leggero.

 

Per il Forum Disuguaglianze e Diversità

Mentre milioni di persone scendevano in strada per denunciare la complicità del governo italiano con Benjamin Netanyahu e i suoi sgherri, Giorgia Meloni e sodali hanno schiacciato ancora una volta la volontà popolare. Giovedì scorso, il Consiglio dei ministri ha infatti approvato la “Delega al governo in materia di energia nucleare sostenibile”: 4 articoli finalizzati a “raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050”, conseguendo “sicurezza e indipendenza energetica” e il “contenimento dei costi dei consumi energetici per i clienti finali domestici e non domestici”. Il cortocircuito è assoluto, fin dal titolo: nucleare e sostenibile sono infatti due parole che non possono essere accostate, a partire dalla questione mai risolta delle scorie. Tant’è vero che 1’Italia, dopo aver mandato le proprie in Germania – il nucleare lo abbiamo già avuto e abbiamo votato ben due volte per rifiutarlo – ha accettato di tombarle nei cadaveri delle centrali dismesse. Ma la logica e la trasparenza, in questa operazione, non c’entrano. E nemmeno la matematica: sarebbe bastato leggere i documenti prodotti dai centri studi mondiali e italiani, a partire da Confindustria e Bankitalia, per rinunciare all’operazione. Benché la legge delega, e il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, si riferiscano ampiamente a un “nuovo nucleare”, di nuovo non c’è nulla: la fusione è di là da venire, e il riferimento è ai piccoli reattori (Small modular reactors) che dovrebbero sostituire le mega centrali di una volta. Peccato che nell’ultimo decennio sia stata provata la fallacia dell’idea: basti dire che Oltraìpe, il reattore di Flamanville è entrato in funzione nel 2024 con 12 anni di ritardo e spesa lievitata di sei volte rispetto al progetto originario. Proprio i costi, paradossalmente, certificano che l’atomo non è una buona soluzione: l’ultimo rapporto indipendente sull’industria del nucleare (The World Nuclear IndustryStatusReport2025) segnala che il costo livellato per l’energia prodotta da fotovoltaico con grossi impianti è pari a un terzo di quello del nucleare, 4 centesimi di dollaro per Kwh contro un minimo di 14 centesimi per l’atomo. Non per niente, l’industria è complessivamente in stallo: nel 2024 gli investimenti globali in solare ed eolico sono stati di 728 miliardi di dollari, 21 volte più di quelli nel nucleare. La capacità installata di fotovoltaico è cresciuta di 452 GW in un solo anno, quella dell’eolico di 113 GW, mentre il nucleare ha registrato un aumento di appena 5,4 GW. Un grosso affare, insomma, l’atomo non è. Lo certifica d’altronde Bankitalia, che nell’analisi intitolata L’atomo fuggente scrive che vista ”la struttura del mercato e della bolletta elettrica, una reintroduzione del nucleare non avrebbe significativi impatti sul livello dei prezzi”. Conferma Confindustria, che da tempo chiede una strategia energetica che aiuti davvero la produzione: il nucleare non è competitivo rispetto alle rinnovabili, caratterizzate da un elevato processo d’innovazione che ne riduce i costi. La bocciatura è completa. Niente di questo sembra però preoccupare il governo, che compila una delega da riempire con decreti legislativi di qui a un anno (peccato che il ministero di Pichetto Fratin, che ne è incaricato, debba ancora attivare l’Osservatorio sulla povertà energetica atteso dal 2022). Nel frattempo, qualche milione (7,5) è già stato destinato alla propaganda con la quale convincere gli italiani di qualcosa che hanno già rifiutato in due referendum. E per cui, si è fatto scappare proprio Pichetto Fratin, potrebbero dover pagare un contributo in bolletta: i costi per i reattori sono così alti che per due terzi se li caricano gli Stati, cioè i cittadini. I profitti, invece, sono come sempre privati. E forse è questo a spiegare l’operazione.

image_pdf

Lascia un commento