Palestina-Israele, oltre il sionismo e il jihadismo di Yorgos Mitralias

 

Più che in qualsiasi altra fase dei 75 anni di esistenza dello stato di Israele, in questi giorni abbiamo assistito al crollo spettacolare e tragico della grande promessa del movimento sionista al popolo ebraico perseguitato… la promessa secondo cui solo uno stato ebraico in Palestina sarebbe stato in grado di portare loro la sicurezza e la pace di cui sono stati privati per secoli.

Oggi, il palese fallimento del sionismo nel mantenere la sua promessa è più evidente che mai, poiché è ormai generalmente accettato che la diaspora ebraica nel mondo può ancora essere soggetta all’antisemitismo (di nuovo in aumento), ma che comunque vive in una sicurezza e in una pace di gran lunga maggiori rispetto alla popolazione ebraica in Israele.

Chiaramente, il luogo più pericoloso al mondo per un ebreo oggi è… Israele.

Purtroppo, gli ultimi ad ammetterlo sono gli attuali leader di Israele, che stanno portando al disastro più persone di qualsiasi Hamas, Jihad o Hezbollah.

Estremisti razzisti, sciovinisti, sostenitori incondizionati della “Grande Israele”, oscurantisti e guerrafondai di professione, i vari politici di estrema destra che compongono il governo israeliano non hanno altro progetto che continuare ad aggravare la crisi, a rosicchiare costantemente la terra palestinese, a opprimere e umiliare il popolo palestinese fino all’estremo.

Perché la loro sopravvivenza politica – e non solo – lo richiede. Perché solo la guerra e l’isteria nazionalista possono permettere al loro leader, il famigerato Bibi Netanyahu, di contrastare la pressione soffocante esercitata su di lui per un anno dalle centinaia di migliaia di cittadini israeliani che hanno manifestato due volte a settimana, chiedendo la sua rimozione dall’incarico, il suo processo e la sua condanna sia per la sua sfacciata corruzione sia per il suo tentativo di demolire le istituzioni democratiche del paese.

A distanza di settantacinque anni, la pubblica denuncia del grande (ebreo) Albert Einstein sui maestri e gli antenati politici di Netanyahu come “fascisti”, “razzisti” e “terroristi” che possono solo nuocere al popolo ebraico è più che mai utile e attuale…

Quindi, se non possiamo aspettarci nulla di minimamente promettente dai leader israeliani, e anche dalla loro opposizione ufficiale, non possiamo nemmeno nutrire alcuna illusione democratica o progressista nei confronti di Hamas, Hezbollah e della loro “potenza protettrice”, l’Iran, sotto il regime oscurantista e ultra-repressivo degli Ayatollah.

E naturalmente non possiamo aspettarci nulla di buono dai leader occidentali, capaci solo di chiudere gli occhi sui crimini di Israele per poter dare un sostegno incondizionato a Netanyahu e descrivere i combattenti di Hamas come “terroristi”.

La conclusione (provvisoria?) è quindi inevitabilmente pessimistica: la resistenza, la lotta più che giusta del popolo palestinese contro i suoi nemici ma anche contro i suoi “amici”, non ha ancora trovato un’espressione politica capace di ispirare e mobilitare le masse arabe, compreso il popolo palestinese, sull’esempio di quanto realizzato in passato, almeno in parte, dal socialismo prima e dal panarabismo poi.

Poiché è sulle rovine del messaggio emancipatore socialista e comunista che fioriscono questi oscurantismi reazionari, sia religiosi che neoliberali, che stanno devastando l’umanità del nostro tempo, è ovvio che l’inizio di una via d’uscita dall’attuale impasse deve e può essere ricercato attraverso la reinvenzione di un movimento antimperialista di liberazione nazionale e sociale basato sulla solidarietà internazionalista di “quelli di sotto”.

Una “reinvenzione” che ci riguarda tutti direttamente, anche nei nostri paesi europei. Dopo tutto, data l’enorme superiorità militare di Israele e il permanente e sempre più scandaloso tradimento della causa palestinese da parte di tutti i regimi arabi, così autoritari e antidemocratici, l’unico modo per impedire la continuazione indefinita dei reciproci massacri di palestinesi ed ebrei israeliani è la loro solidarietà militante e la loro lotta comune contro i loro nemici comuni.

Il compito sembra ed è difficile. Ma è l’unica opzione realistica…

image_pdf

Lascia un commento