De transitu Rubiconis di Gian Giacomo Migone

 

Da qualche giorno quelli che possiamo generosamente chiamare media “mainstream” si accaniscono contro Elly Schlein. Il linguaggio che usa, gli indumenti che veste, il modo in cui gestisce i suoi rapporti interni ed esterni al PD, sue reticenze, presunte ed effettive (che pure esistono) … Gli argomenti variano, ma la luna di miele è finita.

Buon segno, per lei e per coloro che l’hanno eletta segretaria nelle primarie aperte del PD (tra cui chi scrive queste righe). Vuole dire che Elly comincia a offrire effettivi contributi all’opposizione di questo governo e alle prospettive di un’alternativa politica nel nostro paese. Vediamo quali, senza sottacere problemi che restano.

In primo luogo la scelta opportuna del pubblico a cui rivolgersi ovvero al numero crescente di persone che non si recano alle urne, in un paese che, in tempi non lontanissimi, figurava tra i primi della classe da questo punto di vista; con la consapevolezza che è la politica, nella sua configurazione attuale, ad alimentare l’antipolitica. Per raggiungere questa vasta platea, occorrono scelte tattiche coerenti. Giustamente Elly privilegia i nuovi iscritti al suo partito, senza ignorare orientamenti pure nuovi tra gli iscritti attuali, visibili in molte feste dell’Unità, recentemente concluse. Sono anche allo studio nuove tecniche di comunicazione e di partecipazione di coloro che ancora tali non sono. Manca, invece, l’analisi e la denuncia di una legge elettorale che priva il singolo cittadino del diritto di rappresentanza, mentre consente a dirigenze di partito – ad oggi, nessuna esclusa – di esprimere un numero esorbitante di nominati, attraverso listini e premio di maggioranza. Manca anche una congrua autocritica del PD medesimo che ha pedissequamente seguito l’impostazione del Porcellum di quel genio del male che è Calderoli, successivamente perfezionata in Italicum e Rosatellum, riducendo la classe politica a semplice corporazione. Un vero e proprio Rubicone che Schlein non ha ancora attraversato, malgrado la sua storia sia priva di responsabilità a questo riguardo.

Risulta, invece, completa e netta la svolta che, in luogo di pur sacrosante difese di diritti umani e di minoranza, pone in primo piano obiettivi sociali prioritari quali il finanziamento della sanità, in opposizione alla sua privatizzazione non più soltanto strisciante, l’impegno per il salario minimo e per la tutela della stabilità e della sicurezza anche fisica dell’impiego, la difesa delle spese sociali bersagliate e decurtate dal governo in carica. Permane una reticenza, non soltanto linguistica, a seguire l’esempio statunitense di Bernie Sanders che alle rivendicazioni sociali affianca sempre la sua ferma volontà di trovare le risorse necessarie nelle tasche dei più abbienti. Significative, invece, le parole con cui la segretaria ha liquidato scissioni chiaramente orientate in direzione opposta, quali quelle che si sono verificate in Liguria. Le reazioni delle destre interne, ne sono ulteriore conferma. Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti in Occidente, a sinistra come a destra, che la difficilissima impresa dei democratici di qualsiasi orientamento é quella di modificare la collocazione della ricchezza oggi nelle mani di un’esigua minoranza. Elly Schlein, pur con prudenza italica, dimostra di possedere questa consapevolezza che non la porta ad inseguire improbabili campi larghi diversamente orientati, ma a facilitare alleanze politiche – in primo luogo il M5S guidato da Giuseppe Conte – coerenti allo scopo.

Il popolo, sancito come sovrano dalla nostra Costituzione, a tale proposito si dimostra assai più consapevole di coloro che sono chiamati a guidarlo. Invece, l’equivoco termine “populismo” è appropriato rendendo ardua la definizione e l’attuazione di una politica democratica rispetto al fenomeno, destinato a durare, delle migrazioni in entrata (senza dimenticare quelle in uscita). L’ascesa delle destre anche estreme in Occidente è alimentata dalla guerra tra i poveri in arrivo e coloro che tali sono e restano in loco. Si tratta di una contraddizione tale da far tremare le vene ai polsi a qualsiasi democratico e complica i rapporti del PD con il M5S. Malgrado le gravi responsabilità del passato, sintetizzabili nella creazione dei campi di reclusione e di tortura libici, ideati e sostenuti da Marco Minniti, è presente oggi nel partito democratico una diffusa coscienza che esclude il sacrificio di vite umane in fuga, la militarizzazione dell’accoglienza e che ricerca vie oggettivamente difficili di intese europee per una regolarizzazione dei flussi e per la graduale assimilazione di presenze diffuse sul territorio, peraltro rese necessarie dall’invecchiamento della popolazione.

Resta, invece, inevasa, da parte del PD, una domanda maggioritaria di pace nel paese; particolarmente viva tra coloro che oggi non votano e che potrebbero, invece, bussare alle sue porte. Si tratta del secondo e più significativo Rubicone che Elly Schlein stenta ad attraversare, anche in virtù della sua comprovata competenza in proposito. Non a caso su di esso si concentrano i più significativi e documentati, pur strumentali, attacchi alla sua gestione politica. Il problema non riguarda soltanto la guerra in Ucraina che richiama alla memoria “l’inutile strage” con cui Benedetto XV qualificò la Prima guerra mondiale. Superano ormai il mezzo milione le sue vittime. Senza far mancare il proprio voto a sostegno delle armi destinate all’Ucraina, la segretaria del PD ormai cita l’esempio della Germania ove Scholz ha annunciato la sua intenzione di spalmare su di una politica in cinque anni l’incremento della propria spesa militare. D’altra parte, Elly Schlein è la sola ad osservare che la sua finalizzazione europea consentirebbe consistenti risparmi, così compiendo un primo, timido allontanamento dalla logica di guerra di Washington e della NATO. Tuttavia le continua a mancare quanto risulta doveroso da parte della guida di un partito delle dimensioni del PD e che nemmeno un segretario di sezione del defunto PCI faceva mancare: la visione d’insieme di una politica estera che sciolga i nodi essenziali che separano una prospettiva di pace dalla Terza guerra mondiale strisciante in atto (per usare le parole di un altro papa), costantemente alimentata da un abnorme spesa militare. In altre parole, l’abbandono di un prolungamento anacronistico della guerra fredda a favore di una multipolarità in cui un’Europa più unita e indipendente trovi la sua naturale collocazione. Un consiglio finale alla Nostra: frequenti intensamente Lula, unico statista in circolazione, a livello mondiale, che possiede legami con la sinistra italiana quando essa era ancora tale.   (20.09.23)

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